I racconti dalla Locanda alla Fine dei Mondi

Sogno di una notte di metà inverno (parte prima)

Morfeo, Signore del Sogno, lasciò scivolare la sua pallida mano sulla lastra di vetro, come se avesse voluto accarezzare il mondo che si trovava al di fuori. Non era un mondo particolarmente meritevole di attenzioni: davanti ai suoi occhi si stendeva una distesa buia che un forte vento e una fitta massa di nuvole avevano coperto alla luce della luna e abbandonato alle deboli luci delle costruzioni dell’uomo. Qualcuno si avvicinò a lui in punta di piedi. Morfeo non si voltò, limitandosi a avvolgere la lunga veste nera ancor più stretta al suo corpo.
“Vedete qualcuno, o mio signore?” chiese una voce timida e dolcemente stridula.
Morfeo sorrise, poi si voltò alla propria sinistra. Un piccolo essere di sesso femminile, vestito di una lunga veste bianca, lo stava fissando con occhi aperti e pieni di meraviglia. “Ancora no, Ariel” disse Morfeo con voce dolce. “Hai fatto tutto quello che ti ho detto?”
“Oh, sì, mio Signore!” disse Ariel, saltellando allegramente attorno a lui. “Ho sussurrato il tuo importante messaggio nelle loro orecchie e ho colto lo stupore nel loro sguardo, come chi si desta in un mondo meraviglioso, dopo aver dormito un lungo sonno senza sogni!”
“E gli uomini in bianco?” chiese Morfeo con voce grave, accarezzandosi la manica della veste.
“Essi dormono, o mio Signore” disse Ariel, inchinandosi ai suoi piedi. “Prigionieri di un incantesimo. Avvolti da una luce pallida e informe e addormentati, prede facili della Strega dalla Voce Roca!”
Sul volto di Morfeo si dipinse un sorriso compiaciuto. “Così non potranno arrecarci danno” disse. “Adesso tutto sta alla puntualità dei nostri ospiti!”
Iniziò a piovere. Si udì il rumore di una porta, che veniva aperta con decisione. La pallida luce dell’esterno illuminò per un momento la sagoma di un giovane alto e dal portamento sicuro, che si inchinò, non appena vide il Signore del Sogno e il suo spirito servitore.
“I miei omaggi a voi, signori!” disse il giovane, rialzandosi dall’inchino. C’era nella sua voce un che di sprezzante e di divertito, il tono di chi sa quanto la sua presenza possa fare la differenza. Richiuse la porta e si avviò con passo spedito verso la grande vetrata.
“Un po’ di luce qui dentro, Morfeo…” disse, guardandosi attorno.
“Sarai esaudito, Dorian Gray” disse Morfeo con tono accondiscendente. Schioccò le dita e Ariel sparì nell’oscurità. Nel buio, si accese all’improvviso la luce di una candela, che si avvicinò rapidamente ai due uomini. Dietro di essa, il sorriso infantile e compiaciuto di Ariel. Lo spirito appoggiò la candela su un tavolo accanto a Morfeo.
“Soddisfatto adesso, Dorian?” chiese il Signore del Sogno.
Dorian Gray fece una smorfia. “Seee… E sia, se non c’è di meglio! Spero solo che i nostri colleghi ci raggiungano alla svelta dal buio la fuori! Odio il buio. E’ la maschera preferita del brutto che così ha modo di uniformarsi al divino…”
“Vedo una sagoma scura che si avvicina, mio Signore!” disse Ariel, di vedetta alla finestra. “Come una grossa cappa nera, ma senza occhi né bocca!”
Sui volti di Morfeo e Dorian Gray comparve l’inquietudine. “Quale diavoleria è mai questa?” disse il dandy, avvicinandosi alla finestra e osservando la massa informe che avanzava a passo spedito sotto la pioggia.
Morfeo non si scompose. “Sono due persone” disse. “Osserva le quattro gambe che spuntano sotto quella cerata! Ariel! Il tuo occhio dovrebbe essere altrettanto pronto quanto la tua voce!”
Ariel si scusò con un inchino profondo e un mugolio sommesso. Dorian Gray osservò con attenzione la massa scura, che scompariva alla loro vista per dirigersi verso la porta. “C’è una sola persona che potrebbe indossare quel tipo di cerata!” disse, recuperando la sua sicurezza.
La porta si aprì. Due figure fecero il loro ingresso, togliendosi la cerata da sopra la testa. Sulla sinistra una donna dai capelli lunghi, che ansimava per la lunga corsa sotto la pioggia. A destra, un cilindro di mediocre fattura, sotto il quale c’era il cipiglio di un uomo di mezza età col volto segnato. Qualcosa di bianco luccicava nella parte bassa del suo corpo.
“Vi ringrazio, signore” mormorò la donna, tenendo gli occhi bassi. Era tanto giovane quanto timida, anche se, nella rapidità nervosa dei suoi movimenti, si poteva leggere come una sottile paura sia per l’uomo che l’aveva aiutata che per gli altri presenti nella stanza. Indossava un vestito lungo, nero e stretto come la protagonista di un romanzo dell’Ottocento.
“Era mio dovere” disse l’uomo, gettando la cerata da una parte. “Se vi avessero protetta con dovizia, in un altro momento, forse allora…”
“La prego!” lo fermò la ragazza, lanciandogli una rapida occhiata carica di disperazione.
L’uomo si inchinò, porgendo il gomito alla giovane. La ragazza prese il suo braccio e si mossero verso il tavolo illuminato. Al rumore dei loro passi si aggiungeva il tonfo ritmico di qualcosa di legnoso sul pavimento.
“Capitano Achab! La nostra Lady…” disse Dorian Gray, sedendosi sul tavolino a gambe accavallate. “E’ delizioso avervi qui!”
“I miei omaggi, signor Gray” fece Achab in maniera scostante. “Anche se è Morfeo che dobbiamo ringraziare per questa riunione notturna!”
Un lampo illuminò il volto del Signore dei Sogni, che rispose con un inchino alle gentilezze del capitano. La ragazza si limitò a ringraziare con un timido sorriso e si mise subito a sedere, fissando la candela con aria assente.
“Non è ancora arrivato?” chiese Achab con voce ansiosa.
“L’ansia spasmodica ti ha già perduto una volta, capitano” disse Morfeo, imperturbabile. “Pazienta ancora. Egli arriverà per ultimo, quando tutti noi saremo pronti ad attenderlo. E’ un cerchio che si deve chiudere. Io l’ho aperto e voi state entrando!”
Achab cercò di nascondere il proprio scontento, mettendosi a sedere. La ragazza, seduta accanto a lui, era ancora in silenzio, assorta nella contemplazione del tenue fuoco della candela, che saliva verso l’alto. Vi si avvicinò fino a sentirne il calore che le accarezzava il volto. Sorrise.
“Sarà forse stasera che potremo conoscere il tuo nome?” chiese Dorian Gray con voce sorniona.
La ragazza lo guardò con timore, poi si ritrasse dalla luce della candela, sprofondando nella penombra. I suoi occhi tremanti fissavano il dandy seduto davanti a lei.
“In fondo, però, posso anche essere d’accordo con te” continuò il dandy. “Lasciare la bellezza senza nome! Rifiutare di rinchiudere qualcosa di ammaliante, sfuggente ed eterno in una barriera di consonanti e vocali! Non è facile…”
“Ti sarei grato se smettessi, Dorian” fece Morfeo.
“Che male c’è nel cercare di capire la nostra amica, Morfeo?” insistette Dorian Gray. “Io mi sento vicino a chi si lascia irretire e distruggere da una bellezza inarrivabile. E come tutti ho ceduto alla tentazione di dare un nome a questa bellezza! Di confinarla nella prigione di lettere! E imprigionare me con essa! Nel mio caso è stato Ritratto. Nel suo… Quint… o sbaglio?”
La ragazza si portò le braccia alle orecchie e chiuse gli occhi, singhiozzando. “Non ripetere quel nome, non ripeterlo!”
“E nel tuo caso, Moby Dick, no, capitano?” insistette Dorian con durezza.
Achab lo squadrò con disprezzo, senza neanche degnarlo di una risposta.
“Nel mio caso è stato Rick” disse una voce di donna, dal buio dell’ingresso.
Dorian Gray rimase in silenzio, Ariel, il capitano e l’istitutrice si voltarono verso la donna che aveva richiuso la porta e si stava avvicinando a loro. Indossava un vestito bianco molto elegante e i capelli erano perfettamente in piega. L’età anagrafica di circa trent’anni sembrava amplificata da due occhi grandi, belli pieni del rimpianto che si accumula in una vita più lunga.
Morfeo le sorrise. “Ben arrivata, Ilsa” disse. “Accomodati al tavolo. Non so se il fuoco della candela potrà riscaldarti dal freddo che c’è fuori…”
“Staremo a vedere” disse Ilsa, sedendosi con un sorriso radioso.
“Quanta felicità nei vostri occhi, signora Ilsa!” fece Ariel, avvicinandosi a lei quasi a passo di danza. “La felicità di chi, dopo un lungo cammino nel buio, sente per la prima volta una luce che gli carezza il volto!”
“Ti ringrazio, Ariel” disse Ilsa, con un sorriso malinconico. “Ma io sono solo all’inizio di un lungo cammino. Che sarà nel buio, perché dovrò cercare lui e non so dove trovarlo. Se a Parigi. O ancora a Casablanca…”
“Ti guiderà il cuore, Ilsa” intervenne Morfeo. “Esso è la freccia che indica dove si possono trovare i sogni”.
“La porta è rimasta aperta!” disse il capitano Achab. “Che freddo! Mi sembra di essere di nuovo sul Pequod!”
“Sta arrivando il suonatore Jones” spiegò Ilsa.
“E lui?” fece Dorian Gray con ansia.
“Arriverà subito dopo…” mormorò Morfeo, tornando a guardare fuori dalla finestra.

I commenti degli utenti di neilgaimania

crowley05-02-2008 alle 22:10

non ho capito la tipa...
quint?
cmq originali sti personaggi! anche se dargli del dandy mi sembra così strano....

I dati del racconto

  • Racconto

    del 03-11-2006

  • Autore del racconto

    WilliamShore

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